Vesta

Wenceslas Hollar - Vesta
"Io sono Colei che è, e nessun uomo ha mai sollevato il mio velo."

L'origine della divinità romana Vesta (per i greci Hestia) è molto antica e si perde nella notte dei tempi.
La parola Vesta deriva da wes, “abitare, di­morare”, e quindi è la divinità del focolare e della casa stessa, ma non è il fuoco. Invece l'origine della parola Hestia è sueit, "bruciare", quindi Hestia è il fuoco.
 
Dea Vergine, a lei fu consacrato un sacerdozio esclusivamente femminile (fatto sorprendente ai giorni nostri), composto da 3 fanciulle patrizie (poi diventate 6), chiamate le Vestali, alle quali spettava il compito di tenere sempre acceso il fuoco nel sancta sanctorum del tempio a Roma a lei dedicato. Non sono quindi mai esistite statue che la raffigurassero, dea dal volto ineffabile.
Ogni inizio anno (il primo di marzo nell'antica Roma) il fuoco sacro veniva utilizzato per accendere i focolari all'interno di ogni abitazione di Roma.
La  scelta delle novizie spettava al Pontefice Massimo, tramite un rito chiamato "la cattura della vergine". Vestite di bianco, le venivano tagliate i capelli una sola volta (la tradizione popolare considera i capelli della donna come strumento magico, togliendoli si cautelavano da eventuali ritorsioni), prestavano servizio per 30 anni (10 come novizie, 10 come addette al culto e 10 come istruttrici per le novizie) e nella società godevano di uno status privilegiato, dopodiche potevano sposarsi (ed erano molto richieste).

A giugno, prima del solstizio d'estate, ricorreva la festività della Vestalia : in origine il 9 giugno, poi estesa dal 7 al 15 giugno, il primo giorno era chiamato Vesta aperitur mentre l'ultimo era Vesta cluditur.
In questo periodo, la parte esterna del sancta sanctorum, il Penus Vestae, ovvero la parte del tempio dove erano custoditi i Penati del popolo romano (Penates Populi Romani), era accessibile anche alle matrone (ovvero la  mater familias, cittadina romana sposa di un cittadino libero) purchè entrassero a piedi nudi, oltre al Pontifex Maximus, a cui poteva accedervi tutto l'anno.

Il fuoco sacro del tempio venne spento nel 389, con un editto di Teodosio I che proibì tutti i riti pagani, vennero così dimenticati i culti misterici custoditi dalle vestali.
Narra lo storico Zosimo che il tempio di Vesta (o di Rea) fu profanato da Serena, moglie di Stilicone che era Magister Militum di Roma. A seguito della profanazione, l'ultima delle vestali, Celia Concordia, invocò una maledizione sui coniugi.

« Serena, disprezzando i riti pagani, volle visitare il tempio della Gran Madre e, non appena vide che la statua di Rea portava una collana degna del divino rispetto, gliela tolse e se la mise. Una vecchia, una delle ultime vestali, la accusò di empietà, ma lei la insultò e la fece scacciare dal suo seguito. Allora la vecchia lanciò contro Serena, suo marito e i loro figli tutte le maledizioni che il suo gesto meritava. Serena, però, non le fece alcun caso e uscì dal tempio ostentando l'ornamento. »
(Zosimo, Storia nuova, V, 28)

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