Avicenna, il Canone della Medicina

Avicenna (980-1037), Abu Ali Ibn Sina, medico e filosofo persiano (nato ad Afshana, oggi in Uzbekistan, vicino a Bukhara), che scrisse le opere più importanti in arabo, è noto per il "Canone della medicina" (1025), in latino il Liber canonis medicinae, detto anche il "Canone" ovvero Qanun ("legge").

Tale trattato fu tradotto in latino a Toledo (in Spagna) nel XII secolo da Gherardo Cremonese, e divenne la "Bibbia" della medicina, ovvero il manuale medico più seguito fino al 1700.

A documentazione di ciò, la bolla di papa Clemente V, promulgata ad Avignone l'8 settembre 1309 (durante il periodo della cattività avignonese), stabilisce che "i baccellieri che vogliono essere promossi al grado di maestro in questa Facoltà [di medicina] e di questo Studio [di Montpellier] portino in occasione di detto esame [di licenza] i seguenti testi di medicina con relativi commenti : di Galeno De Complexionibus, De malicia complexionis diebus, De ingenio sanitatis; inoltre i testi di Avicenna [..] e di Ippocrate".

Mussulmano devoto, a dieci anni conosceva già il Corano a memoria, e dall'età di 16 anni curava gratuitamente.
Fece una sintesi geniale tra la dottrina di Aristotele e le teorie mediche di Ippocrate. Essendo la Persia in contatto con l'India, la sua opera fu influenzata anche dalla medicina tradizionale indiana, l'Ayurveda.

Il trattato medico di Avicenna era così in uso nel Medioevo e nel Rinascimento tanto che Paracelso, per sottolineare la sua distanza dalla tradizione medica, gli diede fuoco pubblicamente tra gli applausi degli studenti di medicina, sulla piazza di Basilea, il 24 giugno (giorno di San Giovanni) del 1527.


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