Ippocrate e Galeno


Ippocrate e Galeno, così come sono stati raffigurati nella cattedrale di Anagni, in un dipinto del XII secolo.
Entrambi greci, non della penisola greca ma delle colonie fondate dai greci, e tuttavia molto distanti temporalmente, infatti l'uno, Ippocrate, dell'isola di Cos (un'isola del mare Egeo, nel Dodecanneso) vissuto tra il 460 e 377 avanti Cristo, mentre l'altro, Galeno di Pergamo (in Asia Minore, l'odierna Turchia) - all'epoca facente parte dell'Impero Romano - visse tra il 120 e il 201 dopo Cristo (tutte le date sono approssimative).
Così importanti che, insieme al persiano Avicenna, lasciarono in eredità al mondo latino ed arabo i libri di testo su cui studiarono quasi tutti i medici del Medioevo e del Rinascimento.

Ippocrate era circa trent'anni più vecchio di Platone. Il padre, egli stesso medico, affermava di essere un discendente di Asclepio, il dio della medicina. Viaggiò molto, anche in Egitto dove vi era depositata l'antica sapienza. Il suo nome rivela un lato esoterico, infatti è composto dal greco hippos, cavallo e kratos, forza. Quindi Ippocrate vuol dire "forza del cavallo" per indicare una forza di natura animale.

Celebre è il Corpus Hippocraticum, una raccolta di circa 70 opere in greco antico, rivoluzionario per l'epoca. Un esempio : l'epilessia, che era definito "il morbo sacro" in quanto si riteneva provocato dagli dei, viene affrontato come una normale malattia.
L'opera non era solo un testo medico ma definiva per la prima volta il mestiere di medico e la sua etica. Diviene importante quindi il "Giuramento di Ippocrate", prestato dai medici prima di iniziare la professione. In esso si giurava al dio Apollo, ad Asclepio, Igea e Panacea di rispettare il maestro e la sua famiglia, di insegnare ad allievi che avessero fatto lo stesso giuramento; verso i pazienti doveva astenersi dal recar danno od offesa, non dare o consigliare nessun farmaco mortale, o far abortire una donna, di custodire con cura la propria arte, e di non divulgare ad altri tutto ciò che riguarda la vita personale dei pazienti (oggi si direbbe di mantenere il segreto professionale).

Uno dei punti cardini della scuola ippocratica era che il corpo umano (in generale la natura) ha una capacità intrinseca di auto guarigione o auto-cura, sintetizzata nella frase "vis medicatrix naturae" (1) (letteralmente : la forza guaritrice della natura). Quindi, a differenza delle concezioni precedenti dove molto era creduto dipendesse dall'esterno (dagli astri o dagli spiriti), Ippocrate responsabilizza l'uomo, infatti la malattia è un uscire dall'equilibrio interno (si veda la teoria umorale) e per tornare sano deve ristabilire l'equilibrio.
Anziché rivoluzionare la scienza medica nella cura delle malattie, la medicina ippocratica migliora tantissimo la salute delle persone dell'epoca attraverso una corretta dieta e una maggiore igiene (celebre è il detto: fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo).

La scuola di Ippocrate definì la "teoria umorale", basata sui quattro umori principali del corpo umano (sangue, flemma, bile gialla e bile nera), che semplicemente non sono altro che ciò che di liquido può uscire dal corpo (ovvero le feci, l'urina, il sangue per le emorragie, i catarri - ovvero il flemma - e il sudore).
Quindi la scuola di Ippocrate ,attraverso ciò che esce dal corpo insieme alle altre manifestazioni del malato, può individuare i "segni" (o sintomi) a partire dai quali è possibile diagnosticare i fenomeni patologici (la diagnosi), e soprattutto pronosticare gli sviluppi e gli esiti della malattia (la prognosi).
Quindi il merito di Ippocrate è stato quello di sistematizzare (diremmo oggi in maniera scientifica) l'approccio col paziente, facendo sempre una diagnosi ed emettendo una prognosi; per dirla in sintesi, quella che oggi chiamiamo cartella clinica.

Di seguito un'intervista immaginaria ad Ippocrate da Radio Rai negli anni Settanta:


Note:
(1) La Vis medicatrix naturae è quella che oggi viene chiamata omeostasi, ovvero tutti gli organismi viventi tendono a raggiungere internamente uno stato fisico-chimico stabile. Da questo principio è derivata la teoria vitalista, ovvero dalla "forza vitale" che sostiene ogni organismo vivente.


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