Il doppio Albero della Vita (II)

A conferma della tesi del precedente post riguardante l'Albero della Vita, che dal punto di vista della manifestazione (ovvero dal Cosmo, dal nostro mondo) appare capovolto, pur essendo sempre lo stesso per un effetto di riflessione, nelle terzine di Dante,canto XXII del Purgatorio, si parla di un albero capovolto, incontrato durante la salita alla montagna del Purgatorio, nella sesta cornice (quella dei golosi) ad un passo dalla sommità, su cui si trova il Paradiso Terrestre.

Si tratta di un abete carico di soavi frutti, che anzichè formare un triangolo con la punta in alto ("in alto si digrada") è al contrario ("così quello in giuso"), e inoltre una fonte che esce dalla roccia accanto bagna le foglie scorrendo verso l'alto ("si spandeva per le foglie suso").

E' un albero parlante che ammonisce dal cibarsi dei suoi frutti ("di questo cibo avrete caro", dove per caro si intende carestia, ovvero: non ne avrete) - proprio come l'albero della conoscenza - in quanto rappresenta l'albero dei golosi e nel suo discorso cita esempi di temperanza (le nozze di Cana, Daniele alla corte di Nabucodonosor, e la semplicità del cibo - miele e locuste - di Giovanni il Battista).




Ma tosto ruppe le dolci ragioni
un alber che trovammo in mezza strada,
con pomi a odorar soavi e buoni;               

e come abete in alto si digrada
di ramo in ramo, così quello in giuso,
cred'io, perché persona sù non vada.           

Dal lato onde 'l cammin nostro era chiuso,
cadea de l'alta roccia un liquor chiaro
e si spandeva per le foglie suso.              

Li due poeti a l'alber s'appressaro;
e una voce per entro le fronde
gridò: «Di questo cibo avrete caro».           

Poi disse: «Più pensava Maria onde
fosser le nozze orrevoli e intere,
ch'a la sua bocca, ch'or per voi risponde.     

E le Romane antiche, per lor bere,
contente furon d'acqua; e Daniello
dispregiò cibo e acquistò savere.              

Lo secol primo, quant'oro fu bello,
fé savorose con fame le ghiande,
e nettare con sete ogne ruscello.              

Mele e locuste furon le vivande
che nodriro il Batista nel diserto;
per ch'elli è glorioso e tanto grande          

quanto per lo Vangelio v'è aperto».

(Dante, Canto XXII Purgatorio, 132-154)

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