XIII - La Morte
La prima evidenza nella XIII carta dei Tarocchi è che, diversamente da tutte le altre ventuno carte, nei tarocchi marsigliesi, ha solo il numero senza il nome.
Questa singolarità credo sia dovuta ad un atto scaramantico: non nominare la morte significa infatti non invocarla (1).
"Ciò che è cambia aspetto, ma non viene mai distrutto" scrive Oswald Wirth nel libro I Tarocchi.
La Morte svolge quindi il ruolo del grande trasformatore, come Shiva che riprende a Visnù la vita donata da Brahma. Nulla viene estinto ma bensì vengono liberate le energie imprigionate in una materia densa, che non sono più in grado di corrispondere alla loro destinazione.
Senza l'intervento della Morte, la vita tutta languirebbe e l'esistenza davvero sembrerebbe all'immagine comune che le persone si fanno della morte.
La nostra esistenza effimera la dobbiamo a lei, essa ci permette di nascere e può condurci ad una nuova rinascita.
Per questa ragione il saggio si avvicina alla morte senza rimpiangere il passato e beneficiando dell'allentamento dei legami delle passioni che tengono imprigionato lo spirito nella materia.
Iconografia.
La morte è spesso rappresentata con una falce in mano, a significare che così la mietitura è l'ultima fase del ciclo agricolo, ovvero la raccolta del grano, così la morte chiude un ciclo predisponendolo per uno nuovo. Si legge infatti nell'Apocalisse di San Giovanni:
"Io guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile a un Figlio d'uomo; aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata. Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: "Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura". [16]Allora colui che era seduto sulla nuvola gettò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta.
Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, anch'egli tenendo una falce affilata. Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, uscì dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: "Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature". L'angelo gettò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e gettò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di duecento miglia. "
(Apocalisse, 14, 14-20)
La falce è anche un attributo dell'antico dio Saturno, che usò un falcetto per evirare il padre Urano (il Cielo), aiutando la madre Gea (la Terra), stanca della generazione di figli.
Infine un'immagine della morte di Alex Grey, l'anima che esce dalla fontanella cranica, la stessa da cui entra quando nasciamo, circondata dai mille occhi, forse a rappresentare la proiezione dell'ultimo chakra, il loto dai mille petali.
Fonte :
- Oswald Wirth, I Tarocchi, Ed.Mediterranee
Note :
(1) La paura del numero 13 viene chiamata Triscaidecafobia e ha origini nella cultura popolare, ad esempio a tavola non ci si siede mai in 13 in quanto è detto il "posto di Giuda".
Questa singolarità credo sia dovuta ad un atto scaramantico: non nominare la morte significa infatti non invocarla (1).
"Ciò che è cambia aspetto, ma non viene mai distrutto" scrive Oswald Wirth nel libro I Tarocchi.
La Morte svolge quindi il ruolo del grande trasformatore, come Shiva che riprende a Visnù la vita donata da Brahma. Nulla viene estinto ma bensì vengono liberate le energie imprigionate in una materia densa, che non sono più in grado di corrispondere alla loro destinazione.
Senza l'intervento della Morte, la vita tutta languirebbe e l'esistenza davvero sembrerebbe all'immagine comune che le persone si fanno della morte.
La nostra esistenza effimera la dobbiamo a lei, essa ci permette di nascere e può condurci ad una nuova rinascita.
Per questa ragione il saggio si avvicina alla morte senza rimpiangere il passato e beneficiando dell'allentamento dei legami delle passioni che tengono imprigionato lo spirito nella materia.
Iconografia.
La morte è spesso rappresentata con una falce in mano, a significare che così la mietitura è l'ultima fase del ciclo agricolo, ovvero la raccolta del grano, così la morte chiude un ciclo predisponendolo per uno nuovo. Si legge infatti nell'Apocalisse di San Giovanni:
"Io guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile a un Figlio d'uomo; aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata. Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: "Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura". [16]Allora colui che era seduto sulla nuvola gettò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta.
Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, anch'egli tenendo una falce affilata. Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, uscì dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: "Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature". L'angelo gettò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e gettò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di duecento miglia. "
(Apocalisse, 14, 14-20)
Giovanni Battista Tiepolo, 1753 - affresco (dettaglio: Saturno), Residence Würzburg, Bavaria, Germany |
Infine un'immagine della morte di Alex Grey, l'anima che esce dalla fontanella cranica, la stessa da cui entra quando nasciamo, circondata dai mille occhi, forse a rappresentare la proiezione dell'ultimo chakra, il loto dai mille petali.
Fonte :
- Oswald Wirth, I Tarocchi, Ed.Mediterranee
Note :
(1) La paura del numero 13 viene chiamata Triscaidecafobia e ha origini nella cultura popolare, ad esempio a tavola non ci si siede mai in 13 in quanto è detto il "posto di Giuda".
Commenti
Posta un commento